Le proteste in Iran non si fermano nemmeno a costo della vita. Molti manifestanti vengono uccisi dalla polizia morale, anche 27 bambini uccisi tra la folla.
In Iran le proteste non si fermano e una distensione con la dittatura è molto remota. I cittadini iraniani continuano a ribellarsi al regime anche a costo di perdere la vita. La polizia morale infatti carica i manifestanti sparando sulla folla. Le forze di sicurezza picchiano a morte, irrompono nelle università cercano in tutti i modi di disincentivare le proteste contro il regime teocratico dell’ayatollah Khamenei.
Ieri centinaia di giovani sono scesi in piazza contro l’uccisione di un curdo da parte delle forze dell’ordine. Nel frattempo, l’Onu ha chiesto un’indagine indipendente sulla morte di Mahsa Amini e su altre violazioni dei diritti umani in Iran. La polizia iraniana continua ad uccidere giovani ragazze e ragazzi che protestano contro il regime e contro l’omicidio da parte del regime di loro coetanei. Ogni manifestazione è occasione di scontro e provoca nuovi morti e così l’Iran è in un circolo vizioso intrappolato tra omicidi e proteste.
Il circolo vizioso in cui è intrappolato il paese
Ogni volta che le autorità uccidono un giovane o una giovane iraniana parte il timer di 40 giorni, tempo simbolico in cui poi partono le nuove proteste. Iran Human Rights conta che dal 26 settembre almeno 234 manifestanti sono stati uccisi. Tra questi 29 bambini.
Le vittime sono tutte giovanissime, secondo un rapporto delle Nazioni unite sui diritti umani, ci sarebbe un elenco di almeno 27 bambini che sono stati uccisi dalla polizia iraniana dall’inizio delle proteste ia metà settembre. “La cifra complessiva è di un minimo di 250 persone che sono state abbattute dalle azioni repressive del governo iraniano da quando l’ondata della rivolta è iniziata il 16 settembre”: spiega Javaid Rehman, relatore speciale dei diritti umani in Iran.